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In un angolo della periferia romana, all’interno di uno spazio di appena 30 metri quadrati, è nato il primo liquorificio in Europa di cocktail ready to drink. Era il 2016, e in tempi non sospetti, quando ancora i drink pronti da bere non spopolavano, anzi erano visti con diffidenza, Emanuele Broccatelli, già affermato bartender, ha avuto un’intuizione che ha cambiato per sempre il modo di concepire i cocktail. Un’idea nata quasi per caso, ma destinata a trasformarsi in successo: portare la qualità e la cura della miscelazione artigianale direttamente nelle case dei consumatori, dei ristoranti, hotel ed eventi in generale. Oggi, quella piccola realtà dal nome Drink IT, non solo ha conquistato il mercato italiano, ma si appresta a sbarcare in tutto il mondo, con la stessa passione e attenzione ai dettagli che ne hanno caratterizzato gli esordi.
L’intuizione dietro Drink IT
Tutto è iniziato con una domanda semplice: «Cosa succede se metto un drink in bottiglia?». Emanuele Broccatelli, bartender che ha lavorato nei locali più rinomati di Roma – tra cui Stazione di Posta a Testaccio e l’Hotel Majestic a via Vittorio Veneto – all’epoca si era avvicinato al mondo del vino, studiandone i processi di affinamento in bottiglia che permettono al vino di evolvere. «Il tempo aiutava tantissimo e il risultato era ottimo», racconta. Da qui, l’idea di applicare le stesse tecniche ai cocktail, mettendoli in bottiglia per vedere cosa sarebbe successo a livello tecnico e qualitativo. L’idea ha portato, nel 2015, all’apertura di 47 Barrato – aperto da Broccatelli insieme all’allora socia Valeria Bassetti – un piccolo locale situato nel quartiere Monti a Roma (ne avevamo parlato qui). «Le persone volevano portarsi a casa i nostri drink», ricorda Emanuele. L’esperimento ha dato i suoi frutti: i primi cocktail imbottigliati hanno avuto successo, col tempo i clienti continuavano a chiederli, tanto che Broccatelli iniziò a imbottigliarli direttamente al bar. Da qui, la decisione di aprire un vero e proprio liquorificio a Ciampino, un piccolo spazio di appena 30 metri quadrati, dove è iniziata la produzione di cocktail ready to drink, un segmento di mercato allora completamente inesplorato in Europa.
L’espansione dell’azienda
Dal primo laboratorio a Ciampino, Drink IT ha visto una grande crescita, culminata nel 2021 con un’impennata del fatturato. «Lo abbiamo moltiplicato per dieci», dice Danilo Cipollini, socio di Drink IT dal 2021 e responsabile della parte commerciale. La crescita ha richiesto più spazio per la produzione, e da pochi mesi l’azienda si è trasferita in un laboratorio più grande, di 250 metri quadrati, alle porte di Roma. Dietro al successo c’è un continuo studio del prodotto, «investiamo quasi tutto in ricerca e sviluppo», spiega Cipollini, fondamentale per mantenere alta la qualità delle miscele. Drink IT è infatti l’unica azienda in Europa a utilizzare frutta fresca nei propri cocktail, garantendo una shelf life di un anno.
Rompere i pregiudizi sui ready to drink
Sono passati quasi dieci anni dall’apertura di Drink IT, e oggi, la percezione di cocktail già pronti è cambiata molto, anche in Italia, stando agli ultimi dati di Cga by NielsenIq. Inizialmente, la risposta del pubblico era tutt’altro che positiva. «All’inizio tutti ci associavano a prodotti mass market, tipo i “breezer” che erano molto in voga negli anni Novanta e erano ad appannaggio di un pubblico molto giovane», racconta Emanuele. Ma con il tempo e grazie a un assaggio diretto, il pubblico ha iniziato a comprendere che i cocktail di Drink IT, come anche quelli di altre piccole aziende concorrenti che iniziavano a muovere i primi passi, erano tutt’altro che banali. «L’intuizione di Emanuele è stata controintuitiva: proporre gradazioni più alte e aumentare al massimo qualità», aggiunge Cipollini. Una delle sfide principali, in primis, è stata educare i consumatori su come gustare i cocktail ready to drink. «C’era diffidenza perché non si sapeva neanche la modalità di consumo: con ghiaccio o senza ghiaccio?», ricorda Broccatelli. La risposta è semplice: la bottiglia di vetro mantiene il freddo e il drink è già pronto per essere bevuto, senza bisogno di aggiungere – obbligatoriamente – ghiaccio.
Sì, ma quali sono i vantaggi?
Quando si parla, più in generale, dei vantaggi che i rtd offrono ai locali, Emanuele Broccatelli, non ha dubbi: «In un contesto in cui è sempre più difficile reperire personale qualificato nei bar, non solo in Italia ma livello internazionale, le miscele già pronte hanno il vantaggio di potersi permettere una sola persona dietro il bancone». Ma l’effetto scenografico legato al lavoro del bartender? «Oggi, sempre meno persone desiderano stare al bancone, a meno che non siano veri appassionati. Per questo motivo, il concetto di bar può evolversi: puoi portare il servizio al tavolo, proprio come si fa con il vino. In questo modo, il bar non è più legato al suo spazio fisico dietro il bancone, ma diventa mobile». E Cipollini aggiunge: «Non vogliamo la morte del barman, anzi. Vogliamo mostrare che esiste un’alternativa: un locale può avere sia le nostre referenze, sia opzioni create dal barman. Una cosa non esclude per forza l’altra».
L’espansione internazionale
Oggi, Drink IT è gestita da un team affiatato composto da Emanuele, Danilo e Claudio Lo Tufo, i tre soci, insieme anche a Stefano Cristiani, giovane bartender che si occupa della ricerca e produzione all’interno dell’azienda, Giuliano e Elisa, che invece si occupano dell’amministrazione. L’azienda, pur rimanendo relativamente piccola, ha già iniziato ad espandersi sul mercato internazionale, esportando i propri prodotti in Belgio, Francia, Grecia, Germania e Cipro, con l’obiettivo di sbarcare negli Stati Uniti entro il prossimo anno.
Il successo di Drink IT non è una questione di marketing, ma di qualità del prodotto e della filosofia che lo guida. «Noi usiamo frutta vera, che varia nei cocktail in base alla stagionalità, e i nostri ready to drink hanno il sapore autentico degli ingredienti», spiega Emanuele. Questa attenzione ai dettagli, agli equilibri e alla pulizia in laboratorio ha permesso all’azienda di ottenere un prodotto con una shelf life di tre anni o più, anche se, in teoria, non scadono mai. «Ho un negroni a casa creato prima che nascesse la società, ogni tanto lo assaggio, ed è buonissimo», riferisce Emanuele, aggiungendo: «Come è un Barolo dopo due anni e come invece risulta dopo dieci anni? Lo stesso vale per i drink».
Anche la pandemia ha contribuito all’affermazione decisiva dei rtd sul mercato internazionale, cambiando radicalmente le abitudini dei consumatori: «Dopo il Covid, tanti giovani che prima frequentavano i bar, oggi preferiscono stare a casa e fare feste domestiche», osserva Emanuele. Questo ha portato anche a un aumento della consapevolezza sull’alcol e ha spianato la strada a prodotti con gradazioni alcoliche più basse, come i cocktail low e no-alcohol, un segmento in cui Drink IT si sta preparando a entrare con il suo primo drink analcolico.
La sfida dell’analcolico e il futuro
Sicuramente, creare un cocktail analcolico e che mantenga lo stesso livello di qualità e stabilità, rispetto a un prodotto alcolico è stato un compito arduo: «Ci è voluto ancora più sviluppo e ricerca», racconta Emanuele. «Se per stabilizzare l’alcol hai il preservante naturale che è l’alcol stesso, nell’analcolico non hai niente di tutto questo». Tuttavia, dopo molte sperimentazioni, il team di Drink IT è riuscito a trovare la formula giusta e il lancio del primo drink analcolico è previsto per la fine di settembre. Guardando al futuro, il programma è quello di espandersi ulteriormente, sia a livello di spazi produttivi che di mercati internazionali. «A nemmeno un anno dal trasferimento nel nuovo spazio, ci sentiamo già stretti», ammettono i soci. E l’obiettivo ora è crescere insieme al mercato e sviluppare una serie di laboratori in giro per il mondo.
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